Recovery Plan o Recovery Planet?

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IL MANIFESTO PER LA SOCIETA’ DELLA CURA

(immagine è di Alessandra Sicuro, Albero della vita, Mosaico di Otranto, 2016)

Nata durante il lockdown, la Società della cura  riunisce diverse centinaia di associazioni laiche e religiose, di singoli cittadini, di reti civiche e organizzazioni sociali che si riconoscono in un documento/manifesto chiamato “Recovery Planet” con evidente riferimento al Revcovery Plana cui si contrappone nella visione di fondo. Il Manifesto e contiene sedici proposte etiche  e politiche alternative alle sei “missioni” individuate dal governo per far ripartire il Paese.

«Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per l’accesso ai fondi europei, dicono gli aderenti alla Società della cura, si fonda ancora su quei concetti di crescita, concorrenza e competizione che ci hanno portato alla crisi attuale», ma non basterà il denaro a far  superare al Paese una crisi tanto profonda, ossia “non basterà a costruire un’Italia più sostenibile, più attenta ai diritti collettivi e dell’ambiente, più concentrata sulla giustizia sociale e più capace di riaccendere entusiasmi e speranze nelle persone e nelle comunità.”

Il modello proposto in alternativa si basa sulla cura, intesa come cura di sé, degli altri, dell’ambiente, del vivente, della casa comune e delle generazioni che verranno». Quello che deve cambiare è un modo di essere e di fare, che implica il sentirsi .corresponsabili di tutto ciò che facciamo dice Monica Di Sisto, una delle coordinatrici del testo finale del Recovery Planet: “ «Niente cambierà finché non si sostituirà questo modello di economia predatoria con uno basato sulla cura».

USCIRE DALL’ECONOMIA DEL PROFITTO, COSTRUIRE LA SOCIETA’ DELLA CURA

“Solo in questo contesto, sostiene, potrà trovare spazio e voce anche la prospettiva di genere e il Welfare potrà diventare il punto di partenza del cambiamento, a condizione: che si superi l’idea di un Welfare-appendice di sistema per recuperarne l’ originario significato di Benessere. Un Welfare che non raccolga le vittime della competitività, ma sia basato sulla solidarietà propria delle tante esperienze di mutualismo e cooperazione, estranee alla logica del mercato, della propaganda e dell’ottimismo tecnico scientifico introdotto dal Recovery Plan»”..

D.B.

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