Che cosa servirebbe oggi alle imprese femminili , per la maggior parte costituite da una sola persona, la titolare, per raggiungere una solidità tale da far crescere il loro spazio di mercato e favorire lo sviluppo del territorio in cui sono inserite? Il ragionamento lo fa il prof. Guglielmo Bernabei, sui dati dell’Osservatorio economico della CCIAA di Ferrara, che, fotografando le imprese femminili ferraresi, ne registra l’aumento considerevole dell’8%, nel primo semestre 2021, ma, aggiunge, 7 su 10 sono ditte individuali.

Per facilitarne la trasformazione in imprese di capitali, secondo Guglielmo Bernabei, socio CDS e dottore di ricerca Unife, ( Intervento conclusivo all’iniziativa “Dagli atti del progetto sulla violenza economica a proposte e azioni in chiave Europea e PNRR”) servono diverse cose: alcune toccano allo Stato, altre alle amministrazioni locali, Regione e Comuni, altre ancora alle dirette interessate.
Si va dalla detassazione degli utili reinvestiti, al credito di imposta per gli investimenti, alle decontribuzioni per nuove assunzioni di giovani donne. Da qui potrebbero scaturire aziende più strutturate e resilienti, attività di export e quindi un processo di internazionalizzane che oggi è piuttosto scarso nelle imprese ferraresi. Tutte cose che non si improvvisano, toccano la politica economica del territorio, cultura d’impresa e la cultura delle donne.
Il “Fondo impresa donna” che prevede una dotazione, secondo la legge di bilancio 2021, di 20 milioni di euro per il 2021 e altri 20 nel 2022, costituisce per molti osservatori economici una risorsa troppo esigua e limitata. Lo stesso stanziamento di 400 milioni di euro dal piano PNRR (dati del Ministero dello sviluppo economico) non appare sufficiente. Servono, quindi, maggiori investimenti, scrive nel suo report Bernabei, per attuare misure, anche nel settore della ricerca e dell’innovazione, risorse economiche che potrebbero essere, ad esempio, meglio incanalate attraverso un Bilancio unico in sede europea e l’inclusione delle politiche per le pari opportunità in quelle di coesione.
Questo, dobbiamo dircelo chiaramente, è un orizzonte lontano, perché per arrivare al Bilancio unico europeo, occorre rimuovere il meccanismo del diritto di veto, che con la tattica dell’ostruzionismo, finisce per paralizzare la crescita stessa dell’Unione europea,
Nell’immediato le idee sul territorio non mancano, ma per incentivare l’occupazione femminile, servono da un lato donne preparate alle sfide della conoscenza odierna e quindi un alto grado di alfabetizzazione digitale, dall’altro servono strutture e istituzioni che sappiano mettersi in rete per attuare politiche a favore di nuove imprese.
L’esempio portato da Bernabei riguarda il Basso ferrarese dove nel settore della sostenibilità ambientale ci sono spazi imprenditoriali vuoti da riempire. Ma per favorire una nuova vitalità d’impresa al femminile nei settori della agricoltura 4.0 e turismo esperienziale, degli agriturismi, fattorie didattiche e sociali, associazioni fondiarie, nel passaggio da una agricoltura intensiva ad un sistema di precisione, declinando al femminile la “Banca delle Terre”, servono percorsi di raccordo tra Regioni e Comuni, soprattutto quelli più piccoli, perché migliorino la loro capacità amministrativa, e quindi la capacità di erogare servizi adeguati alle mutate esigenze locali in un’ottica di programmazione e di verifica dei risultati raggiunti.