La parità di genere in azienda parte dalle sanzioni per le aziende che non la rispetteranno, come vuole la certificazione di parità, inserita nel PNRR. Un nuovo strumento legislativonato dalla legge 162/2021, in vigore dal 3 dicembre, che modifica il Codice delle pari opportunità per provare a invertire la rotta sul ritardo femminile nella partecipazione al mercato del lavoro in Italia.

Si va dal controllo della parità salariale fra uomini e donne in azienda, alla parità di mansioni, dalla gestione delle differenze di genere alla tutela della maternità: La certificazione di paritàè una delle misure che il Governo ha inserito nella missione 5, «Inclusione e coesione» del Pnrr, che ha destinato a questa finalità 10 milioni di euro tra le politiche per il lavoro, prevede sanzioni, per chi non la rispetta, premi per chi la osserva, come uno sconto dell’1% sui contributi da versare. Ma questo può essere solo l’inizio. Ottenere, attraverso un sistema di premi e sanzioni e in forza della volontà del legislatore italiano e ancora prima europeo, la parità fra i generi, deve essere il preludio ad altro: in primo luogo il rispetto delle diversità di ognuno, come fonte di ricchezza, infine il riconoscimento del valore dell’unicità di cui ciascuno di noi è espressione. Ma per arrivare a questo servirà una vera e propria trasformazione culturale di lungo periodo, di cui oggi dovremmo predisporre le condizioni.
La tesi suggestiva e quasi utopistica è messa nero su bianco su Ipsoa ( quotidiano di informazione e casa editrice fondata a milano nel 1971 per affiancare l’attività didattica dell’istituto postuniversitario per lo studio dell’organizzazione aziendale) da David Trotti vicepresidente dell’ – Associazione italiana per la direzione del personale ( aidp) in un editoriale pubblicato il 14 maggio scorso. “L’obbligo di legge è indispensabile, dice Trotti, come lo sono state le quote rosa)il suo rispetto è indispensabile affinchè le aziende (dai 15 a 50 dipendenti, e oltre i 50) possano partecipare alle gare pubbliche e ai bandi, con una serie di adempimenti da eseguire.
Tuttavia, aggiunge, Trotti, Professore di Selezione e valutazione delle Risorse Umane presso l’Università europea di Roma ,le norme non bastano, occorre investire sul cambiamento culturale ed educativo e sul riconoscimento e la valorizzazione della diversità di genere nel mercato del lavoro. Infatti, solo quando le nostre organizzazioni aziendali saranno costituite da persone che si realizzano nel lavoro attraverso lo sviluppo delle loro diversità e competenze avremo raggiunto la vera “pari opportunità”.
Dalia Bighinati